LA CASA DELLA LUNAQuello stesso ragazzo che ci condusse con esito tanto negativo a cercare la casa delle fate, affermava di sapere anche dovĠ la casa della madre della luna e quella della madre dei venti.Questa  pi difficile a trovarsi perchŽ sorge in cima alle montagne; i venti vi giocano davanti, come i ragazzi nel cortile, e sono capaci di buttarvi per terra col loro soffio, o di scaraventarvi addosso macigni e tronchi dĠalbero. La casa della madre della luna  di pi facile accesso, per chi naturalmente ha fegato e coraggio: basta osservare bene il punto preciso dove la luna sorge alla sera, per la sua bella passeggiata sui prati azzurri del cielo; lˆ vive la madre.Ñ E il padre dove sta?Ñ Il padre  il sole, e tutti sanno dove sta; ma  inutile pensare di andare a trovarlo.Del resto, perchŽ questa smania di conoscere la madre della luna? Sarˆ una vecchietta vestita di biancoperla, che prepara il letto e il mangiare a quella vagabonda di sua figlia: ma non  per lei che si desidera conoscerla;  per la sua casa nascosta dietro gli alberi in cima alla collina, o magari dietro la vigna: una casa tutta dĠargento, coi balconi dĠoro, i chiodi della porta di diamanti.Dietro la vigna sorgeva la luna, in quelle sere di ottobre ancora calde e come ubbriacate dallĠodore del primo mosto e da quello dellĠuva fragola ancora non vendemmiata.La vigna era vasta, ondulata, sola in una pianura ancora incolta; grandi fichi stampavano la loro ombra pesante sul verde delle viti, e i frutti cadevano gi da sŽ, lentamente, come grosse gocce di miele raddensato. Chi mangiava fichi in quel tempo? Li si guardava con disgusto scansandoli di sotto i piedi con la cima dĠuna canna: anche lĠuva non ci andava pi, neppure il moscato dagli acini grossi come le susine: si preferivano le more ultime scintillanti nei roveti dei campi di lˆ della vigna.Una casetta di appena due camerette ci riparava dallĠumido della notte; ma sopra mormorava, anche se non cĠera vento, un pino; e la sua musica senza suono apriva il tetto di quella specie di capanna e ci portava via in lenti giri concentrici, entro una rete di seta, via via per gli infiniti spazi dei sogni.Fra questi sogni dunque cominci˜ a dominare quello di andare in cerca della casa della luna.Cosa ci voleva del resto? Bastava risalire il sentiero fra le vigne, saltare la muriccia di cinta, prodezza fatta pi di una volta; andare fino ai roveti badando a non pungersi, e guadagnare la cima di una breve altura erbosa. é di lˆ che sĠaffaccia il viso sempre pi grasso della luna, in queste opime sere di ottobre: grasso e placido come quello di uno che ha fatto la cura dellĠuva.E una sera si prova. CĠ festa notturna nella vigna. Un servo suona la fisarmonica e le ragazze ballano al chiaro di luna. Dunque non cĠ neppure pericolo dĠincontrare la volpe che non ama la musica e sta lontana fin dove il suono non si sente. Io vado. A dirvela in confidenza in fondo non credo esista la casa della luna: ma vado a cercarla pi che altro per spirito di avventura, di ribellione e di coraggio.E la luna mi guardava di sbieco, con una smorfia che mi ricordava quella di una mia compagna del giardino dĠinfanzia. Ho ancora il ricordo di aver attraversato le vigne con lĠimpressione che le viti basse e grigie alla luna fossero tante pecore addormentate. Il suono della fisarmonica mi faceva compagnia.Ecco saltata la muriccia; qui il mondo cambia aspetto,  ancora un mondo noto, con le sue pietre e le macchie di rovo, ma non pi nostro. Comincia un poĠ di tremarella: chi ha mosso e fatto luccicare lĠerba ai miei piedi? Niente paura;  forse una lucertola: ad ogni modo bisogna stare attenti.La musica si fa un poĠ lontana, ma non cessa mai. é come la voce di un complice rimasto a vigilare perchŽ la scappata non sia scoperta.Ecco la breve china erbosa dietro la quale dovrebbe esserci la famosa dimora. Per quale scopo io mi tolga le scarpe e le calze non so ancora; forse per arrivare pi silenziosa, o perchŽ questo fatto mi era assolutamente proibito. Quello che so  che una grossa spina mi avvert“ subito, ficcandosi nel mio calcagno destro, di aver fatto male.Mi sedetti sullĠerba e tentai, al chiaro di luna, di levare la spina; impossibile; andava sempre pi dentro, e mi pareva mi salisse fino al cuore.Rimisi le calze e le scarpe, ma rimasi l“, sullĠerba pungente, presa da un terrore inesplicabile. Adesso mi verrˆ la cancrena, mi taglieranno il piede, e cos“ Dio mi castigherˆ di aver voluto camminare di notte fuori della mia proprietˆ, per disobbedire ai genitori.Per maggior sconforto, ecco dĠun tratto la musica tace: mi sembra di essere sola nel mondo, o peggio ancora in mezzo ad una torma di volpi che sĠavanzano silenziose e terribili strisciando le lunghe code gialle per terra.Poi mi sentii chiamare, di lontano, e disperatamente ritornai sui miei passi, fino a scavalcare di nuovo la muriccia. E non dissi nulla della spina, che per quanto frugassi con un ago non veniva fuori. FinchŽ il piede non si gonfi˜ e venne in suppurazione: io tacevo e aspettavo sempre il terribile castigo: eppure, seduta accanto al finestrino della cameretta, col piede nudo fasciato, guardavo lĠaltura donde sempre pi tardi alla sera nasceva la luna. Il terzo giorno il piede si sgonfi˜. E alla sera la luna non apparve, ma sullĠaltura si deline˜ un castello fantastico, di carta velina, con decorazioni dĠoro e dĠargento. Era una nuvola, ma alla gioia del cuor mio essa appariva come la vera casa della luna.